per sostenere la proposta di riconoscimento dell’Unesco della ‘vera pizza’ quale patrimonio dell’umanità.
“La pizza non è soltanto la specialità tradizionale di una regione o di una città – spiegano ma è l’emblema della ricchezza gastronomica che tutti i comuni italiani offrono al mondo. e sarebbe anche un modo per fare definitivamente chiarezza sull’origine italiana degli ingredienti e sulle modalità di preparazione, per garantire condizioni igienico e sanitarie ottimali, visto anche il moltiplicarsi di atti di pirateria alimentare e di appropriazione indebita dell’identità”.
Questa iniziativa è un’occasione per portare trasparenza anche in Italia, dove quasi due pizze su tre (63 per cento) sono ottenute da un mix di farina, pomodoro, mozzarelle e olio provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori. Troppo spesso, infatti, viene servito un prodotto preparato con mozzarelle ottenute non dal latte, ma da semilavorati industriali, le cosiddette cagliate, provenienti dall'est Europa, pomodoro cinese o americano invece di quello nostrano, olio di oliva tunisino e spagnolo o addirittura olio di semi al posto dell'extravergine italiano e farina francese, tedesca o ucraina che sostituisce quella ottenuta dal grano nazionale.
La gravità del fenomeno è dimostrata anche dal fatto che Il riconoscimento dell’Unesco – concludono Brivio e Drigo - avrebbe un valore straordinario per il nostro Paese dove è più radicata la cultura alimentare e la pizza rappresenta uno dei nostri simboli. Poter garantire l’origine nazionale degli ingredienti e le modalità di lavorazione vorrebbe dire difendere un pezzo della nostra storia, ma anche la sua distintività nei confronti della concorrenza sleale”.
27 Novembre 2014
La “vera pizza italiana” Patrimonio dell’Unesco, raccolta firme di Coldiretti Bergamo