Un confronto con il consigliere regionale Giovanni Malanchini, con l’ausilio del collaboratore tecnico di Davide Brumana, per affrontare nuovamente l’emergenza legata alla diffusione incontrollata dei cinghiali. L’iniziativa si è tenuta presso la sede di Coldiretti Bergamo ed è stata organizzata per dare risposte concrete al mondo agricolo bergamasco, esasperato dall’invasione sempre più insostenibile dei cinghiali.
In apertura dell’incontro, il presidente di Coldiretti Bergamo, Alberto Brivio, ha sottolineato che le segnalazioni dei danni alle produzioni agrarie aumentano di anno in anno e gruppi sempre più numerosi di cinghiali non solo sono una presenza costante sulle colline e nelle vicinanze dei centri urbani, ma si stanno anche spostando in zone in cui non si erano mai visti, come i pascoli delle nostre montagne, facendo dilagare il problema.
“La misura della sopportazione del settore agricolo è ormai colma – ha precisato Angelo Casali, responsabile di Coldiretti Bergamo per l’attività venatoria- ; è già di per sé difficile fare agricoltura in determinate aree come quelle montane, se a questo aggiungiamo i danni prodotti dalla fauna selvatica, diventa quasi impossibile”.
Il consigliere regionale Giovanni Malanchini ha presentato i provvedimenti di Regione Lombardia volti a contendere la fauna selvatica e a proteggere le coltivazioni.
“La Lombardia – ha detto - è la prima regione agricola d’Italia e l’istituzione regionale sta lavorando per aiutare il settore colpito dagli effetti dell’emergenza sanitaria, puntando soprattutto sulla semplificazione e la sburocratizzazione”.
La Regione ha fatto passi in avanti consentendo la caccia di selezione del cinghiale, anche con il visore notturno e con la tecnica del foraggiamento, per tutto l'anno. Ma bisogna procedere ulteriormente su questa strada.
Innanzitutto – sottolinea Coldiretti Bergamo – chiediamo che venga cambiata la Legge 157 del 1992, che non dà più risposte ai cittadini e a gli agricoltori. Questi ultimi sono i veri custodi del territorio e rischiano di veder messo in discussione il futuro delle loro imprese. Inoltre non riteniamo opportuno considerare tutto il vasto territorio del Comprensorio alpino con oltre 67 mila ha di superficie agricola e pascolativa area idonea dal punto di vista ecologico alla presenza del cinghiale, per la variabilità e la diversa suscettività agraria.
Secondo Cristian Plebani, referente per l’agricoltura nel Comprensorio Prealpi Bergamasche, è necessario pensare ad un’attività di stima della popolazione dei cinghiali che muova da parametrazioni diverse rispetto a quelle attuali, anche se imposte da ISPRA, che non fotografano pienamente la realtà dei fatti.
Infatti la determinazione della consistenza per la stagione in corso basandosi solamente sullo storico dei capi abbattuti e i dati cinegetici rilevati anche se scientificamente applicabile, risulta poco realistica anche per effetto che non tutte le aree del Comprensorio sono state coperte dal prelievo negli scorsi anni.