Negli allevamenti bergamaschi “abitano” più di 500.000 capi di bestiame di diverse specie. E’ quanto emerge da una stima di Coldiretti Bergamo su dati SIARL realizzata in occasione di S .Antonio Abate, il Patrono degli animali, che cade domani 17 gennaio.
Questa ricorrenza è particolarmente sentita dal mondo agricolo e ogni anno nelle campagne si rinnova la tradizione della benedizione degli animali. Ci sono anche iniziative particolari, come ad esempio quella che si svolge nella mattinata di domani nella località di Sant’Antonio in Grone, dove come atto di riconoscenza al Santo Patrono, Sant’Antonio, si terrà una Santa Messa con la benedizione delle macchine agricole, degli agricoltori e degli animali della fattoria. Invece nella Chiesa di S. Antonio Abbandonato nella frazione di Val Brembilla in Valle Brembana, le celebrazioni si terranno nel prossimo fine settimana per dare la possibilità a tutti di partecipare. Nel pomeriggio di sabato 21 gennaio si terrà la benedizione degli animali mentre nella mattinata di domenica 22 gennaio verranno distribuiti il pane e del sale benedetti da destinare agli animali.
La “fattoria bergamasca” è composta da circa 126.000 bovini, 43.000 ovini, 8.600 equini, 2.000 bufalini, 15.000 caprini e 310.000 suini, a cui vanno aggiunti anche le api, gli avicoli e i conigli oltre ai cani, ai gatti e agli altri animali da compagnia che abitano normalmente tutte le aziende agricole.
Nelle fattorie gli animali sono importanti anche per la pet-therapy, che figura come una delle attività previste dalla legge sull’agricoltura sociale sostenuta da Coldiretti e approvata nell’agosto 2015. Vi sono infatti esperienze di cura e assistenza terapeutica come l’ippoterapia o l’onoterapia. Non va poi dimenticata la funzione formativa e conoscitiva, soprattutto nei confronti delle nuove generazioni, svolta dalle fattorie didattiche con l’apicoltura, gli allevamenti di piccoli animali da cortile ma anche di mucche, maiali, pecore o capre.
“Gli allevatori – sottolinea Coldiretti Bergamo – accanto alle razze tradizionali custodiscono anche razze particolari che rischiano l’estinzione, come ad esempio le bovine di razza Rendena, Grigio Alpina o Bruna linea carne oppure la Capra orobica o di Valgerola e Capra bionda dell’Adamello, contribuendo così a preservare la biodiversità animale del nostro territorio”.
Sant’Antonio Abate nacque nella città di Coma, in Egitto. Qui Sant’Antonio visse nella seconda metà del terzo secolo e nella prima metà del quarto, distribuendo ai poveri la cospicua eredità paterna e intraprendendo una vita di riflessione come eremita: si dedicò poi al conforto dei sofferenti e dei cristiani perseguitati e aiutando Sant’Atanasio nella sconfitta dell’eresia ariana che, in quel tempo, si stava diffondendo nel primo mondo cristiano. E’ proprio Sant’Atanasio che ne raccontò l’opera nella “Vita Antonii” riferendo anche l’anno della sua morte, avvenuta il 17 gennaio 357 (nato nel 251, secondo le fonti, sarebbe dunque ultracentenario) nelle lande desolate della Tebaide, dove si era ritirato dedicandosi alla cura del proprio piccolo orto. La storia ricorda che i canonici di Sant’Antonio avevano ottenuto il permesso di allevare i maiali all’interno dei centri abitati: il grasso di maiale era infatti utilizzato come emolliente per le piaghe provocate dal “fuoco di S. Antonio”, che l’ordine curava negli hospitii od ospedali che era deputato a gestire.